Guerre orfane e senza figli. Le guerre, per quante ne ho conosciute e frequentate (e sono molte), hanno tutte un vizio: «Nascono orfane e muoiono sempre senza figli». Battuta da tradurre. Non c’è mai un padre riconosciuto all’inizio di un conflitto: è Gheddafi che ha esagerato nelle repressioni interne o è qualche leader occidentale (Nicolas Sarkozy in primis), che ha deciso fosse arrivato il momento utile per ripulire l’immagine degli amici dell’occidente sulla fascia mediterranea dopo Tunisia ed Egitto? Soprattutto, le guerre orfane non generano mai figli. Nel senso che le conseguenze imprevedibili e spesso catastrofiche del dopoguerra non vanno mai in conto a nessuno. O meglio, sono sempre figlie di chi la guerra ha perso. Comodo, scontato e sovente falso. Ma si sa: la storia, e purtroppo anche la cronaca, la scrive il vincitore.
La lezione Iraq e Afghanistan. Per memoria comune basterebbe ricordare le guerre bushiane in Iraq e Afghanistan. Combattimenti lampo con ritmi televisivi, e poi lo stillicidio di anni di “dopoguerra” che produce più vittime della guerra stessa. Saddam ucciso, ma cosa è il “dopo Saddam”. Esiste ancora un Iraq unitario o è una finzione che mette assieme tre Stati ufficiosi e incompatibili tra loro? A nord c’è il Kurdistan di Arbil, al centro la Baghdad senza petrolio dei sunniti, e a Bassora i filo-iraniano sciiti. Per l’Afghanistan è pure peggio. Oltre al rosario di morti anche italiani che segna quell’avventura nata sull’emozione dell’11 settembre, alla caccia a Bin Laden, ora, a tornare con l’aurea dei partigiani liberatori dall’occupazione, sono i talebani che, visti più da vicino di un caccia bombardiere, fanno paura e vincono.
Mediazione tra ideali o tra Kabile? E con la Libia, come la mettiamo? Che governo nazionale nascerà dall’assemblaggio tribale tra le varie Kabile che compongono e governano i diversi territori tra Tripolitania e Cirenaica? Sappiamo che, all’inizio della rivolta armata dei senussiti di Cirenaica, orfani del regno di Idris, c’era anche qualche nucleo islamista e una sparuta pattuglia democratica (intesa nel concetto occidentale della parola). Ora assistiamo alla corsa al dissenso dell’ultimo minuto per riciclare antichi complici del vecchio regime. Che ne potrà uscire da una simile e indefinita accozzaglia di interessi contrapposti? Di certo il mondo dovrà fare i conti con un paese distrutto e con partner inaffidabili. L’occidente scoprirà presto di aver speso tempo e denaro per portare al potere un “Partito” di cui ignora natura e programmi.
L’occidente e i guai di casa sua.
Ora l’occidente, bruciata la carta estrema dell’intervento militare, deve tornare alla politica, e qui cominciano i guai. Con quale credibilità, dopo quanto s’è visto nei casi già citati? E quale “occidente”? Quello dell’apparente disinteresse statunitense o quello del neo interventismo post-coloniale di una “Grandeur” francese alla Sarkozy? Tunisia ed Egitto attendono il compimento delle loro rivoluzioni e anche in quelle situazioni più favorevoli, il modello di democrazia in chiave occidentale fa fatica a trovare una traduzione in cultura musulmana. Nel frattempo restano al potere Bashar Al Assad in Siria, Ali Abdulla Saleh nello Yemen, Omar Al Bashir in Sudan e Mahmud Ahmadinejad in Iran. Con l’occidente costretto a rincorrere e trovare rimedi soprattutto alla crisi economica e finanziaria di casa.Argomenti: nato