Le manovre di Bertone in vista del Conclave
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Le manovre di Bertone in vista del Conclave

Il nuovo Patriarca di Venezia è un fedelissimo del cardinale. La bulimia del potere non lascia spazio alle idee nella corsa verso il successore di Benedetto XVI.

Le manovre di Bertone in vista del Conclave
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31 Gennaio 2012 - 14.47


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“Qui oramai tutti pensano al prossimo Conclave”. E’ questa la frase chiave sussurrata da qualsiasi monsignore che passi nei pressi di Piazza San Pietro, per capire cosa succede e farsi un’idea di cosa comporterà. Gli anni passano, anche per papa Ratzinger, ovvio che il Conclave si avvicini. Ma sconcerta la qualità delle armi usate dai possibili pretendenti. Non si vedono emergere grandi visioni, ma dossier e nomine da “condominio”. Come quella, annunciata per oggi, del nuovo Patriarca di Venezia. I bookmakers danno per certa da giorni la scelta compiuta da papa Benedetto XVI. Si tratta dell’attuale vescovo di La Spezia, monsignor Moraglia, genovese come il segretario di stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone: E come il suo fedelissimo Prefetto della Congregazione per il Clero, cardinale Piacenza.

Vista in ottica conclavaria si tratta di un altro amico di Bertone che diventerà elettore del prossimo papa, visto che il Patriarca di Venezia ha naturalmente diritto alla porpora. Moraglia non riceverà la porpora nel prossimo concistoro, ma subito dopo sì. Andrà così ad aggiungersi alla grande infornata di amici del segretario di stato che otterranno la berretta cardinalizia tra pochi giorni. Tra di loro spiccano ben dieci uomini che lavorano attualmente nelle curia romana, cioè agli ordini di Bertone. Ovvio che siano considerati “vicini” al cardinale Segretario di Stato: Domenico Calcagno (Apsa) e Giuseppe Versaldi (Affari economici) hanno collaborato con lui per gestire alcuni problemi finanziari fin dai tempi in cui Bertone era arcivescovo di Vercelli. Coccopalmerio è un canonista anch’egli molto vicino a Bertone. Come sono di segno bertoniano anche le nomine del Presidente del Governatorato Giuseppe Bertello e dell’arciprete di Santa Maria Maggiore Santos Abril y Castelló.

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Queste nomine sono “bizzarre” non per le qualità dei singoli, ma perché hanno ulteriormente “curializzato” e “italianizzato” il vertice vaticano. Spicca infatti l’assenza di porporati africani e la presenza di un solo asiatico. Eppure in molti paesi asiatici, come il Vietnam, le vocazioni sono in crescita tumultuosa, a differenza di quanto accade in Italia.

Ora la nomina del patriarca Moraglia segna un altro colpo del “clan dei genovesi”. Il suo predecessore, il cardinale Scola, siede ai vertici della chiesa di Milano. Abbiamo scritto ieri del grande nervosismo che questi ha dimostrato prendendo le distanze dai suoi più cari amici, i capi di Cl. E’ imbarazzante per un “aspirante papa” avere amici così chiacchierati. Ma siccome non saranno le ineleganti prese di distanze del cardinale a restituirgli una “papabilità”, davanti alla crisi d’immagine del gruppo di potere ciellino, il suo grande rivale nella corsa alla successione di Pietro, il cardinal Bertone, poteva scegliere un’altra arma, non la bulimia, per emergere. Ma così non è stato. E’ l’assenza di una visione a obbligarlo a questo.

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Il segretario di stato, forte di un rapporto personale con il papa che sorprende chi lo ha visto condurre maldestramente la navicella vaticana, ha ad esempio fatto sponda al governo Berlusconi anche quando questo era in “rigor mortis”. Quasi come Cl. Tra i due blocchi è la finanza, più che le idee, a fare la differenza. Quella di Cl ha le difficoltà evidenziate dai giornali in questi mesi di supplizio lombardo. A imbarazzare l’altro campo invece ci sono le carte che emergono dal cassetti vaticani, e che seguiteranno a emergere. Ma il prezzo d’immagine è alto. E anche la proiezione della Chiesa ne risente. La scelta del nuovo Patriarca poteva essere l’occasione per rilanciare l’attenzione a oriente, all’ortodossia e al mondo mediterraneo, in subbuglio. Uomini di visione e d’apertura culturale non mancavano, basti dire che nei mesi trascorsi sono stati fatti per questo incarico i nomi del vescovo di Terni, Vincenzo Paglia, impegnatissimo nel dialogo ecumenico nella Cei e in quello inter religioso con Sant’Egidio, e quello dell’attuale nunzio in Venezuela, monsignor Parolin, veneziano, da anni nome di punta e indiscutibile qualità della diplomazia vaticana. Ma sono stati scartati: la bulimia del potere raramente aiuta la crescita.

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