Tunisi, la sfida dei detenuti politici: sciopero della fame controi il regime di Saied
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Tunisi, la sfida dei detenuti politici: sciopero della fame controi il regime di Saied

Tocca il tasto dell’orgoglio nazionale. Rivendica un rapporto alla pari con l’Europa che bussa alla sua porta. 

Tunisi, la sfida dei detenuti politici: sciopero della fame controi il regime di Saied
Polizia tunisina
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

6 Ottobre 2023 - 14.40


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Tocca il tasto dell’orgoglio nazionale. Rivendica un rapporto alla pari con l’Europa che bussa alla sua porta. 

Orgoglio nazionale

“La Tunisia è ferma sulla sua sovranità e non cederà alle pressioni perché la sovranità statale ha la precedenza su ogni altra considerazione”.

Lo ha affermato il presidente tunisino Kais Saied, parlando delle relazioni del Paese in riferimento alla scena regionale e internazionale, ricevendo il ministro degli Esteri, Nabil Ammar, al Palazzo di Cartagine.

“Il nostro Paese tratterà con i suoi partner su un piano di parità in un quadro di rispetto reciproco”, ha affermato il capo dello Stato secondo quanto si legge in una nota della presidenza.
Durante l’incontro è stata discussa inoltre la necessità di accelerare al più presto i movimenti diplomatici e consolari.
L’accento è stato posto sulla necessità che le ambasciate e i consolati si assumano pienamente le proprie responsabilità per rappresentare la Tunisia al massimo livello, difendere i suoi interessi e fornire i migliori servizi ai cittadini all’estero, secondo la nota. 

Il soccorritore del Viminale

 “Saied manifesta una grande dignità nazionale del suo popolo –  ha detto il ministro degli Interni Matteo Piantedosi ieri a Piazza Pulita di Corrado Formigli -Ma è chiuso tra due fuochi: quello di chiedere aiuto e, allo stesso tempo, salvaguardare la dignità di una nazione e di un popolo che non vuole apparire troppo dipendente dai soldi dell’Occidente. Comunque ci vuole molta pazienza e noi preferiamo avere pazienza e dare supporto a un Paese come la Tunisia che è molto collaborativa. Da lì quest’anno sono arrivate 80-90mila persone ma almeno altre 50mila sono state fermate. Insomma la Tunisia è molto impegnata nel tentativo di fermare queste partenze. Può farlo e noi sosterremo il fatto che possa fare di più”.  

La resistenza tunisina. Detenuti politici lanciano sfida alle autorità

Da un report di In Terris. La voce degli ultimi: “E’ un grido di battaglia dal carcere, in cui sono rinchiusi dal mese di febbraio, quello lanciato da 6 detenuti politici nel caso noto come “complotto contro la sicurezza dello Stato”, che vede dietro le sbarre in tutto una ventina di politici, attivisti, giornalisti. Jaouhar Ben Mbarek, Issam Chebbi, Ghazi Chaouachi, Ridha Belhaj, Abdelhamid Jelassi e Khayam Turki, che dalla settimana scorsa sono anche in sciopero della fame. E che oggi hanno voluto tendere nota attraverso il loro avvocato Dalila Ben Mbarek Msaddek una lettera scritta dal carcere di Mornaguia.

“Non troviamo le parole per esprimere il nostro orgoglio, la nostra gratitudine e il nostro amore per la vostra unità e la vostra condanna di questa pagliacciata giudiziaria e politica che ha portato via tutte le conquiste della rivoluzione e tutto ciò che le generazioni successive hanno costruito per costruire unaTunisia moderna”.

“Questo paese oggi è dislocato… questo paese governato dal manganello della polizia e dall’intimidazione della giustizia. Non ci restano che i nostri corpi per difendere il nostro diritto alla piena cittadinanza, il nostro diritto a contribuire alla cosa pubblica, il nostro diritto alla lotta pacifica e civile per costruire una Tunisia libera, giusta e democratica”. “La nostra lotta oggi è la lotta a stomaco vuoto contro l’ingiustizia, contro la tirannia, contro la detenzione arbitraria, contro lo stato di eccezione, contro il governo autoritario, contro un sistema giudiziario sottomesso e contro l’accettazione dello status quo. Combatteremo questa battaglia con onore, proprio come abbiamo combattuto molte battaglie precedenti. La lotta politica non ci è estranea, siamo cresciuti con essa e continueremo, finché i nostri cuori batteranno e la vita scorrerà nelle nostre vene. Grazie a tutti gli attivisti, a tutti i partiti politici e alle organizzazioni. Grazie per il vostro sostegno. Grazie per la vostra solidarietà e vi promettiamo una vittoria certa, perché la patria è nostra, i principi sono radicati in noi e la nostra fiducia in un futuro migliore non vacilla, non importa quanto dura sia la repressione. Viva la Tunisia e gloria ai martiri”.

La presidente del Partito Destouriano libero (Pdl) Abir Moussi, rivale dichiarata del presidente Saied, si trova in stato di arresto presso il carcere femminile di Bouchoucha a Tunisi, su decisione della procura.

Lo ha annunciato ieri sera il suo avvocato Nafi Al Araibi alla radio locale Diwan Fm, precisando che alla difesa non è stato consentito di fare visita all’assistita.

In precedenza il responsabile delle comunicazioni del partito aveva precisato che Moussi, “era stata arrestata mentre si trovava davanti all’ufficio protocollo del Palazzo di Cartagine”, dove si era recata nel pomeriggio per depositare un’istanza nell’ambito del suo ricorso contro i decreti emanati dalla presidenza della Repubblica in materia di convocazione degli elettori alle elezioni locali e alla divisione dei distretti. Da lì poi è stata trasferita al posto di polizia della Goulette dove i simpatizzanti del partito hanno organizzato un sit-in e poi ancora al carcere di Bouchoucha. Secondo quanto indicato dal partito, a Moussi sarebbe stato impedito di depositare il ricorso e al rifiuto dell’ufficiale di accettare l’atto sarebbe nata una accesa discussione.

In un video postato sulla pagina Facebook del Pdl, Moussi sostiene che l’ufficio presidenziale si è rifiutato di accogliere il suo ricorso e di darle una ricevuta. Secondo alcune fonti locali Moussi, che oggi dovrebbe comparire davanti al giudice, potrebbe essere accusata di oltraggio a pubblico ufficiale e di aver causato problemi di ordine pubblico. Abir Moussi, detta anche la “pasionaria” è nota per essere protagonista di singolari manifestazioni. I sondaggi dello scorso anno la davano comunque seconda, anche se con molto distacco rispetto a Saied, in eventuali elezioni presidenziali. 

Così stanno uccidendo una democrazia

Ne scrive Eve Geddie, direttrice dell’ufficio di Amnesty International presso le istituzioni europee, in un pezzo originariamente pubblicato da Politico Europe

“Mentre i rappresentanti del cosiddetto “Team Europa” stringevano le mani al presidente tunisino Kais Saied, lo scorso luglio, centinaia di persone migranti e rifugiate erano bloccate nelle zone desertiche del paese al confine con la Libia, dopo essere state portate lì e abbandonate dalle forze di sicurezza, senza cibo, acqua o riparo.

Parlando di queste notizie – tra cui quella di numerose persone morte al confine – il presidente del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber, le ha definite come “alcuni video dal deserto, o qualcosa del genere”,

I leader europei erano in Tunisia per firmare un Memorandum di intesa (Memorandum of Understanding – MoU) volto a contenere i flussi migratori diretti verso in Europa. In cambio, hanno offerto alla Tunisia 105 milioni di euro per la “gestione delle frontiere”, e quasi 1 miliardo di euro in prestiti e sostegno finanziario aggiuntivi nel contesto della crisi economica senza precedenti in cui versa il paese.

Tuttavia, mentre la Tunisia e l’Unione Europea stanno discutendo su come implementare l’accordo, i suoi costi umani sono già evidenti. Mentre l’Europa chiude un occhio sulla crescente repressione dei diritti umani nel paese, le persone in Tunisia – compresi i richiedenti asilo, i rifugiati e tutti i migranti – stanno pagando un prezzo molto pesante.

I leader europei e dell’UE dovrebbero urgentemente invertire la rotta.

In primo luogo, anche dopo il raggiungimento dell’accordo, le autorità tunisine hanno continuato a spingere le persone migranti verso il confine con la Libia, dove in molti languono in un urgente bisogno di assistenza umanitaria, mentre i media internazionali   riferiscono di numerosi morti. È scioccante che i leader dell’UE non abbiano ancora condannato pubblicamente queste violazioni.

Al contrario, la Commissione europea si è impegnata a cooperare con le autorità tunisine per impedire ai rifugiati e agli altri migranti di raggiungere l’Europa, ben sapendo che così facendo verranno perpetuate le stesse violazioni – bloccando i richiedenti asilo, i rifugiati e gli altri migranti in situazioni di abuso e contribuendo all’ostilità che affrontano in Tunisia.

In modo preoccupante, questo accordo è stato firmato senza porre alcuna condizione relativa ai diritti umani, senza prevedere alcuna valutazione o monitoraggio del suo impatto sui diritti, e senza alcun meccanismo di sospensione della cooperazione in caso di abusi. La scorsa settimana il Mediatore europeo ha annunciato di aver chiesto alla Commissione europea di chiarire come si assicurerà che la Tunisia rispetti i diritti umani.

Sembra che non si sia imparato nulla dalla cooperazione dell’UE con la Libia, dove il sostegno in blocco alle forze di sicurezza libiche ha portato alla complicità di un sistema di abusi contro migranti e rifugiati, tra cui torture, stupri, sparizioni forzate, uccisioni illegali e detenzioni arbitrarie. Una recente indagine dell’Onu ha rilevato che tutto ciò potrebbe addirittura configurarsi come crimini contro l’umanità.

Gli accordi che mirano a contenere le persone nei paesi terzi non salvano vite umane, né riducono la dipendenza dalle rotte irregolari. Al contrario, le persone in movimento sono costrette a percorrere strade più pericolose per evitare di essere intercettate dalle autorità, mentre i trafficanti approfittano del fatto che i rifugiati e gli altri migranti sono sempre più costretti ad affidarsi a loro. Inoltre, tali accordi non risolvono in alcun modo i problemi che spingono le persone a migrare in cerca di sicurezza, e che continueranno quindi a verificarsi. È dunque molto deludente che nel suo “Piano in 10 punti per Lampedusa”la Presidente Von der Leyen abbia insistito proprio sull’accordo con la Tunisia.

Inoltre, l’accordo dell’UE con la Tunisia rischia di legittimare l’assalto di Saied allo Stato di diritto e la sua crescente repressione del dissenso. Nel periodo che ha preceduto l’accordo, i leader europei sono rimasti in silenzio mentre il presidente tunisino smantellava quasi tutti i meccanismi di controllo istituzionale sul potere esecutivo, emetteva decreti per limitare la libertà di parola, e si concedeva poteri sulla magistratura. Le autorità tunisine hanno sottoposto decine di critici, oppositori, avvocati, giornalisti e giudici a indagini penali arbitrarie e a misure restrittive, o li hanno incarcerati.

Di recente, la Tunisia ha negato l’ingresso a cinque eurodeputati che avrebbero dovuto visitare il paese in missione ufficiale. Tra questi, gli eurodeputati Satouri e Gahler, che in precedenza si erano espressi contro l’accordo  a causa della repressione in Tunisia. Il rifiuto dell’ingresso è stato considerato da molti come una ritorsione. Un tempo salutata come una storia di successo delle proteste della Primavera araba e vista come  luogo centrale per i difensori dei diritti umani di tutto il Nord Africa, la Tunisia ora rischia di seguire la strada dell’Egitto, che ha visto il suo presidente Abdelfattah al-Sisi trasformare il paese in una prigione a cielo aperto, mentre al contempo milioni di egiziani si impoverivano. I leader dell’UE sono rimasti in gran parte in silenzio durante la brutale repressione di al-Sisi, mentre bloccava le rotte migratorie dall’Egitto all’Europa, costringendo migliaia di persone a spostarsi attraverso la mortale rotta libica.

Infine, forse sapendo che l’accordo avrebbe aumentato il rischio di violazioni dei diritti umani contro migranti e rifugiati, la Commissione ha scelto di negoziare il MoU in segreto. I negoziati si sono svolti senza il controllo del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali, e senza il coinvolgimento della società civile.

Questa mancanza di trasparenza riduce la legittimità delle politiche migratorie dell’UE.

Per garantire che l’UE non si renda complice di violazioni dei diritti e repressione, l’impegno con i partner in materia di migrazione deve essere subordinato a condizioni rigorose circa i diritti umani, così come a valutazioni d’impatto e a meccanismi di monitoraggio. Abbiamo bisogno di un approccio equilibrato che espanda significativamente i percorsi migratori sicuri e si concentri sulla protezione piuttosto che sul contenimento delle persone.

Tuttavia, nessuna di queste condizioni è stata soddisfatta dall’accordo con la Tunisia. Il MoU dovrebbe quindi essere sospeso. Inoltre, l’UE deve promuovere l’indipendenza della magistratura, la libertà dei media e la vitalità della società civile nel paese.

La logica dell’esternalizzazione – di cui l’accordo con la Tunisia è solo un esempio – è profondamente immorale, pericolosa e potenzialmente illegale. Non è troppo tardi: i leader europei possono ancora invertire la rotta e imparare da accordi passati che hanno già portato a immense sofferenze”.

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