Guerra civile in Russia, il telefono di Giorgia Meloni non squilla: il flop della politica estera
Top

Guerra civile in Russia, il telefono di Giorgia Meloni non squilla: il flop della politica estera

Ma quando il gioco si fa duro, quando in Russia esplode la guerra civile e in Occidente suona l’allarme rosso, Giorgia non c’è. Il telefono resta muto. 

Guerra civile in Russia, il telefono di Giorgia Meloni non squilla: il flop della politica estera
Preroll

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Giugno 2023 - 20.27


ATF

Fuori dai giri che contano. In questo caso, dai telefoni che contano. Hai voglia a fare la iper atlantista, a enfatizzare, con il compiaciuto megafono della stampa mainstream, abbracci e “manine”. Ma quando il gioco si fa duro, quando in Russia esplode la guerra civile e in Occidente suona l’allarme rosso, Giorgia non c’è. Il telefono resta muto. 

Giorgia non c’è

Merita il Pulitzer dell’equilibrismo politico-mediatico il seguente lancio dell’Ansa di ieri. Ne estrapoliamo alcuni passaggi: Il presidente americano Joe Biden ha parlato oggi con quello francese Emmanuel Macron, con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e con il primo ministro britannico Rishi Sunak per discutere della situazione in Russia e affermare il loro “incrollabile sostegno” all’Ucraina.

Lo fa sapere la Casa Bianca.

Stop. Dalla diplomazia telefonica manca la presidente del Consiglio e questo dovrebbe essere una notizia. Ma la più importante agenzia stampa italiana ne sorvola. Per dedicarsi alla ricostruzione della frenetica giornata della premier sul fronte russo.

“Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, segue con attenzione gli eventi che si stanno svolgendo in Russia e che testimoniano come l’aggressione all’Ucraina provochi instabilità anche all’interno della Federazione Russa”. Lo riferisce una nota di Palazzo Chigi.

“Sono accadimenti delle ultime ore, non è facile dire esattamente cosa stia accadendo: approfitto anche per annunciare alla stampa che, finito questo appuntamento a cui non ho voluto mancare, ho convocato i ministri competenti e l’intelligence italiana per avere elementi maggiori. Non posso fare pronostici su come le cose possono andare”, ha detto la premier nelle dichiarazioni congiunte con il cancelliere austriaco Karl Nehammer, dopo il bilaterale a margine dell’Europa Forum Wachau, rispondendo a una domanda su quanto sta accadendo in Russia.  “Stiamo seguendo gli sviluppi su quello che sta accadendo nelle ultime ore in Russia. La consapevolezza è di una situazione di caos all’interno della Federazione russa che stona un po’ con certa propaganda vista negli ultimi mesi”.

La premier ha spiegato che ci sono contatti con gli alleati internazionali, e più tardi ci sarà una riunione convocata a livello di ministri degli Esteri per scambiare le informazioni. “Non possiamo far distogliere l’attenzione dall’Ucraina – ha aggiunto la premier -. Italia e Europa hanno mostrato una lucidità che non sempre si sono viste in passato. Quanto sta accadendo ci dimostra quanto certa propaganda fatta in passato dalla Russia, sulla forza e la compattezza del regime, non corrispondesse alla realtà”.

Leggi anche:  Ilaria Salis ai domiciliari, il padre: "Grazie al governo Meloni? No, è merito del clamore e della candidatura"

E “chi per propaganda politica dice che aiutare l’Ucraina significa sostenere l’escalation del conflitto, non capisce che è vero esattamente il contrario – ha aggiunto -: se non avessimo aiutato gli ucraini, noi oggi vivremmo in un mondo molto più insicuro, con una guerra molto più vicina a casa nostra, in cui chi è militarmente più forte può liberamente invadere il vicino. Stiamo difendendo la pace, la stabilità e la sicurezza”. 

Nessun accenno al mancato coinvolgimento nelle telefonate che contano partite dalla Casa Bianca. Meloni non ne accenna e nessuno dei giornalisti al seguito glielo chiede…

Flop totale

Ne scrive Alessio De Giorgi su Il Riformista di Matteo Renzi, un giornale che certo non si può definire pregiudizialmente ostile a Meloni e al suo governo.

Scrive De Giorgi: “E’ flop totale della politica estera italiana.

Nella giornata forse più calda della crisi internazionale che tiene col fiato sospeso il mondo dal 22 febbraio 2022, giorno dell’inizio dell’invasione russa in Ucraina, il dato più eclatante per il nostro Paese è che non siamo riusciti a toccare palla nei convulsi scambi tra le cancellerie europee ed atlantiche che ieri si sono susseguiti. Italia? Non pervenuta ed ignorata (e siamo i primi ad esserne dispiaciuti).

Sono le 10 di sabato mattina quando l’aereo di Giorgia Meloni atterra all’aeroporto di Vienna: la aspetta il cancelliere austriaco Karl Nehammer che avrà un panel con lei e con il presidente della Bulgaria Rumen Radev all’Europa Forum Wachau, in scena all’Abbazia di Göttweig, in Bassa Austria. Sono già 9 ore che i militari della Wagner sono entrati nella città di Rostov e 5 ore che è arrivata la notizia della conquista del quartiere generale dell’esercito da parte degli uomini di Prigozhin. Quando Giorgia Meloni atterra a Vienna, Putin ha già parlato di alto tradimento alla nazione. Insomma, la crisi russa in quel momento è entrata nel vivo.

  • Serve però ancora mezz’ora perché arrivi la prima nota ufficiale di Palazzo Chigi. Il comunicato è scarno come quello di tutte le cancellerie europee: “Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, – recita la nota – segue con attenzione gli eventi che si stanno svolgendo in Russia e che testimoniano come l’aggressione all’Ucraina provochi instabilità anche all’interno della Federazione Russa”. Poco prima di mezzogiorno arriva la prima dichiarazione: “finito questo appuntamento a cui non ho voluto mancare, ho convocato i ministri competenti e l’intelligence italiana per avere elementi maggiori”. Alle 15 si fa vivo pure il nostro ministro degli esteri, Antonio Tajani: “tra poco ci riuniremo con Meloni”, annuncia il ministro che in realtà è assai impegnato nel congresso di Forza Italia tanto da annunciare baldanzoso a mezzogiorno, come se in Russia non stesse succedendo nulla, che “oggi (ieri, ndr) iniziano le due Giornate di tesseramento nazionale a Forza Italia. Il nostro movimento politico continua a crescere”. L’incontro della premier con vertici politici, militari e dell’intelligence è intorno alle 16. Da lì, vuoto pneumatico.
Leggi anche:  Salvini si nasconde dietro Papa Francesco per travestirsi da pacifista (e non andare contro Putin)

Cosa succede in quelle ore di vuoto pneumatico, cioè da quando finisce il vertice italiano? Che Biden fa una lunghissima call di aggiornamento coi suoi principali partner internazionali: Macron, Scholz, Sunak. Un vertice a quattro. Italia? Non pervenuta. La Casa Bianca decide di ignorare Giorgia Meloni.

Lontani sono i tempi di quel treno che andava a Kiev con Mario Draghi che, immortalato in una foto insieme a Macron e Scholz, aveva riportato l’Italia sulla scena internazionale. Lontani sono i tempi in cui l’Italia era considerata da Washington partner ineludibile nei vertici internazionali di crisi, come accadde nei mesi immediatamente successivi al 22 febbraio 2022, quando i primi interlocutori della Casa Bianca erano Macron, Johnson, Scholz e, per l’appunto, Mario Draghi”.

Russia. Meloni: Mosca è più debole. Biden chiama Parigi, Berlino e Londra (non Roma)

Ne scrivono su Avvenire del 24 giugno Alessia Guerrieri e Marco Iasevoli:  “…Piuttosto, pesa mediaticamente, per Roma, il fatto che il presidente Usa Joe Biden abbia sentito il francese Macron, il tedesco Scholz e il britannico Sunak. Non Roma. Anche se, va detto, il ministro della Difesa rientra da una importante missione a Washington e poco meno di due settimane fa era negli States anche Tajani, salvo frettoloso ritorno per via della morte di Silvio Berlusconi. Insomma, non mancano le interlocuzioni con l’amministrazione statunitense ma certo essere fuori dalla “telefonata del giorno” non deve aver fatto piacere a Palazzo Chigi”.

Il primo pensiero di Joe

Illuminante è lo scritto di Gabriele Carrer per formiche.net del 29 settembre 2022, tre giorni dopo la vittoria elettorale di Fratelli d’Italia che da lì a poco porterà Giorgia Meloni a Palazzo Chigi.

Come Il Riformista, neanche formiche.net è annoverabile tra i nemici della destra. Scrive Carrer: “Non sappiamo che cosa pensi davvero Joe Biden di Giorgia Meloni. Sappiamo, però, che il presidente degli Stati Uniti è in campagna elettorale per le elezioni di mid-term e lo sarà probabilmente fino al 2024.

Leggi anche:  Boccia (Pd): "La destra sta portando il Paese sulla strada di Orban, al Senato prove tecniche di premierato"

Sappiamo anche che il suo avversario è Donald Trump, il suo predecessore alla Casa Bianca. Lo considera un “semi-fascista”.

Sappiamo poi che sono molti i media statunitensi a definire fascista la leader di Fratelli d’Italia. Ruth Ben-Ghiat, professoressa alla New York University, ha scritto su The Atlantic un articolo dal titolo “Il ritorno del fascismo in Italia”. L’emittente Cnn ha spiegato l’esito delle elezioni italiane così: “Giorgia Meloni rivendica la vittoria per diventare il primo ministro italiano più di estrema destra dai tempi di [Benito] Mussolini”. Il quotidiano New York Times ha parlato, nella sua newsletter mattutina dopo il voto, di “amnesia” italiana rispetto al passato fascista.

È alla luce di questi elementi che va inquadrata la frase pronunciata durante un evento del Partito democratico da Biden: “Avete appena visto cosa è accaduto in Italia in quelle elezioni. State per vedere che cosa accadrà nel mondo. La ragione per cui mi preoccupo è che non potete essere troppo ottimisti neppure su che cosa accadrà qui”. Il presidente parlava a braccio a un ricevimento della Democratic Governors Association. Il senso è chiaro, ha osservato il Corriere della Sera: in Italia ha vinto un partito (o una coalizione) che mette a rischio la democrazia e qualcosa del genere accadrà anche altrove. Il presidente non specifica dove. Ciò che gli interessa, scrive il Corriere, “è usare il voto italiano come un pericoloso precedente anche per gli Stati Uniti, dove i repubblicani-trumpiani potrebbero vincere le elezioni di mid-term il prossimo 8 novembre (rinnovo della Camera e di un terzo del Senato), ma soprattutto lo stesso Trump potrebbe ricandidarsi per la Casa Bianca”.

Così Carrer.

Aggiungiamo noi di Globalist che un po’ maliziosi siamo: il primo giudizio è quello che conta. Il resto è adeguarsi ai ruoli istituzionali che si ricoprono. E poi, per l’inquilino della Casa Bianca, chiunque egli sia, è sempre bene, per praticare gli interessi americani, avere a Roma un interlocutore che brama essere “sdoganato” dall’America. Un abbraccio non si nega a nessuno. Una telefonata, magari sì.  

Native

Articoli correlati