Putin la persecuzione Lgbt: libertà represse, diritti calpestati e omofobia dilagante in Russia
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Putin la persecuzione Lgbt: libertà represse, diritti calpestati e omofobia dilagante in Russia

Ormai, in Russia fuori dalla lista nera delle organizzazioni estremiste e terroriste saranno rimaste solo le nonnine che vendono frutti di bosco ai margini della strada del villaggio.

Putin la persecuzione Lgbt: libertà represse, diritti calpestati e omofobia dilagante in Russia
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22 Marzo 2024 - 20.20


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Ormai, in Russia fuori dalla lista nera delle organizzazioni estremiste e terroriste saranno rimaste solo le nonnine che vendono frutti di bosco ai margini della strada del villaggio. Facendo seguito ad un pronunciamento della Corte Suprema, che a novembre aveva marchiato come estremista il movimento, la Russia di Putin, dunque, mette in cima alla lista nera il “movimento internazionale LGBT”.

Per far capire cos’è la Corte Suprema, vale annotare che proprio in questi giorni in Russia, se ne sta rinnovando il vertice. E proprio oggi sono state chiuse le candidature. Ebbene, c’è una sola candidata e il caso vuole che sia amica di Putin fin dall’adolescenza: Irina Podnosova.

Ora, al di là della sostanza – che è terribile – andrebbe detto a Putin che non esiste una internazionale LGBT organizzata, e pure con connotati terroristici. Ma non capirebbe, non capirebbe proprio chi “ammanetta” ogni libertà, sia che si tratti di pensiero, sia che attenga, come in questo caso, alla libertà affettiva. La libertà, le libertà – come dire – fanno venire l’orticaria a Putin.

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Quella contro gay, lesbiche e trans è stata una inarrestabile escalation repressiva, che non si ferma. Una vera persecuzione, avviata e portata avanti da chi con l’altra mano pensa (o finge di pensare) di avere una vera e propria missione volta alla denazificazione del mondo. A lui andrebbe ricordata un’altra pagina della Storia, quando omosessuali, accanto ad ebrei, rom, testimoni di Geova, antifascisti furono deportati nei campi di concentramento. Nei lager, a distinguere gli omosessuali, un triangolo rosa cucito sulla divisa, all’altezza del petto. Nel caso delle donne, un triangolo nero.

Nei campi di concentramento nazisti si stima siano stati internati almeno 50mila omosessuali.

Per capire cosa vuol dire oggi essere omosessuale nella Russia di Putin, senza andare tanto a ritroso nella cronaca, fatta di arresti, vere e prorie torture, processi e detenzioni, basta fermarsi alla cronaca dello scorso 18 marzo, ricordando che tra i segni estremisti in Russia c’è anche la bandiera arcobaleno, che è bandiera di libertà oltre che di pace.

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Nei giorni scorsi la repressione ha preso di mira un bar, il Pose di Orenburg. Un bar che fa soprattutto cultura, essendo spazio per eventi teatrali, centro che ospita artisti di strada. Tanti giovani, tante ragazze. Magistratura e polizia, spalleggiate da mirate denunce che arrivano da componenti della comunità locale, puntano il bar, accusato di essere luogo dove si concentrano “persone con orientamento sessuale non tradizionale”, insieme ad altre persone che “sostengono anche le opinioni e le attività dell’associazione pubblica LGBT internazionale vietata nel nostro Paese”.

Tanto basta perché la Guardia Nazionale faccia irruzione nel locale come se si trattasse del covo di un pericoloso gruppo terroristico armato fino ai denti.

Le immagini dei video che vanno in Rete, anche quelli ufficiali, mostrano ragazze e ragazzi, anche giovanissimi, costretti con le mani alzate o stesi per terra, polsi bloccati dietro la schiena. E le guardie ad urlare, a intimare di non dire una sola parola: “nessuno parli, nessuno provochi” e “tutto sarà nel quadro della legge”.

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Ora va detto che nella Russia di Putin essere gay o difendere i diritti dei gay può costare dieci anni di carcere. Andrebbe ricordato a chi, da noi, fa le serenate a Putin.

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