C’era una volta la primavera pugliese
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C’era una volta la primavera pugliese

Tra la fine di febbraio e la fine di marzo di questo 2024, la magistratura ha disvelato una serie di  intrecci fra politica e criminalità, tanto da spingere il ministro degli Interni a nominare una commissione per capire se il Comune di Bari vada sciolto

C’era una volta la primavera pugliese
Antonio Decaro e Michele Emiliano
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Michele Cecere Modifica articolo

16 Aprile 2024 - 00.50


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Proprio nel mese tradizionalmente considerato pazzo per il meteo, Il “Sole 24 ore” aveva diffuso i risultati dell’indagine sul clima. Al termine di un decennio in cui gli eventi estremi sono notevolmente cresciuti, la ricerca individua i territori che godono del clima migliore, ovvero quelli meno colpiti dai cosiddetti eventi estremi, come bombe d’acqua, ondate di calore o di gelo.

Per la prima volta un territorio del Mezzogiorno conquista il primato in un indice che misura la qualità della vita. E questa città primatista nel clima è proprio quella Bari in cui il barometro del clima politico segna invece tempesta in questi primi giorni di primavera, esattamente venti anni dopo l’inizio di quella “primavera pugliese” che portò la sinistra, in meno di un anno, a strappare la Regione e tutti i capoluoghi alla destra.

Tra la fine di febbraio e la fine di marzo di questo 2024, la magistratura ha disvelato una serie di  intrecci fra politica e criminalità, tanto da spingere il ministro degli Interni a nominare una commissione per capire se il Comune di Bari vada sciolto per infiltrazioni mafiose e a sciogliere invece direttamente il comune di Triggiano, dopo l’arresto del sindaco. Duole ammetterlo,  ma in tanti a Bari avevano  sperato, in quella primavera del 2004,   nel cambiamento reale della città con l’onda Emiliano, il movimento che si diffuse in quei giorni e che vedeva insieme girotondini e associazioni politiche come l’Arca di Carlo Paolini e la Città Plurale del sociologo Franco Cassano.

  Bari venne strappata alla destra, ma Michele Emiliano cominciò ben presto a portare avanti un metodo teso alla continua ricerca di nuovo consenso, basato soprattutto sull’allargamento spropositato e incoerente, anche eticamente,  della maggioranza che lo sosteneva. Ed e’ quella l’origine del trasformismo politico, un vizio certamente nazionale ma che in Puglia ha visto migrazioni epocali da destra a sinistra.

Due esempi su tutti, che riguardano peraltro due indiscussi eccellenti personaggi della politica pugliese. Il primo è Simeone Di Cagno Abbrescia, uno dei primi berlusconiani di Puglia, sindaco del capoluogo fra il 1995 e il 2004: nel 2019 viene posto dal presidente della regione, Michele Emiliano, alla presidenza dell’acquedotto Pugliese. Il secondo è l’attuale assessore regionale alla salute, nominato da Emiliano nel 2022, Rocco Palese, già assessore regionale al bilancio con le destre venti anni fa e storico berlusconiano della prima ora (fu il consigliere regionale più suffragato in Forza Italia nel 2000) nonché avversario di Vendola alle regionali del 2010 e infine deputato fino al 2018.

Ma forse il caso più famoso di trasformismo politico è quello che vide nel dicembre 2015 Franco Spina, sindaco di Bisceglie, popoloso centro a 40 chilometri da Bari,  passare dal centrodestra al PD con tutta la sua giunta, una cospicua parte di consiglieri, dipendenti comunali e cittadini comuni, in totale 363 nuove tessere online in poche ore per il PD biscegliese! 

Trasformismo e liste civiche

Il trasformismo è legato alla pratica del cambio di casacca, ma in Puglia la crisi dei partiti tradizionali ha prodotto la moltiplicazione di soggetti politici locali, le ormai famose liste civiche. Un tempo erano caratteristiche dei piccoli comuni, oggi in Puglia raccolgono una parte tutt’altro che esigua di voti. E’ interessante vedere come cambi la geografia politica nel comune di Bari, a partire dai giorni della “primavera pugliese” 2004.

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Nel giugno 2004 Michele Emiliano trionfa al primo turno alle comunali di Bari, appoggiato da 9 partiti e dalla sua lista civica che prende il 18%.  Cinque anni dopo, saranno solo 5 i partiti che appoggeranno Emiliano nella riconquista, più faticosa e dopo il ballottaggio: oltre la sua “personale”, ci saranno altre tre liste civiche a sostenerlo, con un apporto totale del 21%. Sarà appunto quel 2009 l’anno di nascita del fenomeno “liste civiche” in Puglia. Andrà ancora peggio nel 2014, quando ad appoggiare il candidato sindaco Decaro saranno solo tre partiti e ben 8 liste civiche, che sfiorano il 26% dei consensi.  Fino ad arrivare alle comunali 2019 con due sole liste rappresentative di partiti e ben 9 liste civiche in appoggio al trionfo del Decaro bis, apportando il 44% di consensi dei cittadini baresi.

Il cosiddetto “civismo” non va però del tutto demonizzato, è una conseguenza della crisi della forma partito, a volte una lista civica è creata effettivamente da un gruppo di cittadini sensibili e desiderosi di effettivo cambiamento, ma spesso diventa lo strumento con cui un ex-esponente di partito cerca di rifarsi una “verginità perduta” per coagulare maggiore consenso.

Il metodo Emiliano

Già nei primi anni Michele Emiliano inizia a inglobare pezzi di opposizione nella sua maggioranza, è l’inizio di quel trasformismo di cui parla oggi Antonio Decaro, ma si tratta di un fenomeno del quale non sarà immune nemmeno il successore di Emiliano. 

Sarà però nel suo secondo mandato di sindaco che Emiliano deluderà definitivamente molti dei suoi accaniti sostenitori della prima ora, soprattutto per quanto accadde il  21 luglio 2011, giorno in cui  Gaetano Anaclerio viene nominato consigliere d’amministrazione dell’Amgas, la municipalizzata del Gas, scatenando feroci polemiche. Nel maggio 2003  Anaclerio, consigliere comunale del Polo delle Libertà,  era stato arrestato con l’accusa di aver chiesto soldi a un costruttore per agevolare una delibera che avrebbe sbloccato l’edificazione di un suolo. Solo nell’ottobre 2014 (11 anni dopo l’arresto) arriverà per lui la condanna definitiva di due anni e otto mesi per Gaetano Anaclerio,  che nel frattempo ha mantenuto per tre anni una poltrona all’Amgas,  che vuol dire uno stipendio di 2.300 al mese.

Poltrone ambite quelle dell’Amgas Bari, nel settembre 2017 sarà il sindaco Decaro a nominare Vanni Marzulli, un commerciante anch’egli proveniente dal centrodestra,  alla guida della società comunale del gas.

Altre incoerenze più recenti di Emiliano riguardano il coordinatore di una delle liste civiche che lo appoggiano alle regionali, Michele Boccardi, ex parlamentare di Fi e poi il sostegno di  Pasquale Di Rella, già candidato sindaco a Bari per il centrodestra nel 2019 (ma in precedenza nel PD!).

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E poi Francesco Schittulli, anche lui esponente di centrodestra, nominato da Emiliano consulente per la Sanità e poi ancora Massimo Cassano, ex senatore Pdl, nominato da Emilano all’ARPAL, agenzia regionale che si occupa di lavoro. Fino a Pippi Mellone, sindaco di estrema destra di Nardò (in passato vicino a CasaPound) , che appoggiò Emiliano nel 2020 nella sua corsa a governatore. E poi l’avvocato Giacomo Olivieri, (primo fra i  recenti arresti) nominato nel 2012 dal sindaco Emiliano a capo della Multiservizi di Bari. Il curriculum di Giacomo Olivieri è di quelli che fanno impallidire perfino Marco Travaglio! Nel 1995 si candida alle comunali nel centrosinistra col Partito Popolare, finisce all’opposizione ma si accosta ben presto al carro dei vincitori, tanto che nel 2005 si candida alle regionali con Forza Italia, viene eletto ma  finisce ancora all’opposizione.

Ma poiché l’avv. Olivieri ha un debole per le poltrone, si avvicina presto alla maggioranza di Vendola, dapprima con la Margherita e poi con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, infine nei civici vicini a Michele Emiliano che nel 2012 lo pone a capo della Multiservizi del Comune di Bari, incarico che manterrà anche con la successiva giunta Decaro, che nel 2015 nomina Maria Carmen Lorusso, la giovane compagna di Olivieri recentemente arrestata, a capo del nucleo di valutazione della Città metropolitana. Sempre nel 2015 Decaro non conferma il già chiacchierato Olivieri alla Multiservizi (anche se solo nel 2023 arriverà la condanna della Corte dei Conti per sprechi in questa incauta gestione) e lo spregiudicato avvocato torna nel centrodestra, naturalmente con la compagna, che sarà eletta nel 2019 per poi prontamente darsi allo sport preferito del marito, ovvero il salto sul carro del vincitore. Più coerente il percorso di Anita Maurodinoia, la “lady preferenze” del voto comprato, 6.234 voti alle comunali di Bari del 2019 e 19.700 voti alle regionali del 2020 con la lista civica “Sud al centro”.

Premiata sia in comune che in regione con l’assessorato. Alle politiche del 2022 fu la prima dei non eletti nella lista del PD, subito dopo il fedelissimo di Emiliano, Marco Lacarra. Illuminanti le recenti parole di Silvia Godelli, assessore regionale alla Cultura nei dieci anni di governo Vendola, un lavoro in gran parte sgretolato dai successivi 9 di Emiliano: “Michele Emiliano non ha avuto una visione politica ma una visione di potere. Ha allargato a gente che ha poco a che fare con la politica e più con gli affari. E quando ti metti la serpe in seno, prima o poi la serpe morde.”

I fatti recenti

Ma veniamo a ció che accade negli ultimi giorni nella città di Lolita Lobosco, una commedia politica che assume sempre più i caratteri della farsa, nonostante la massima serietà dei due candidati proposti per le primarie, Vito Leccese, capo di gabinetto dell’attuale sindaco, proposto da PD, Verdi, Azione e alcune liste civiche ed  il penalista Michele Laforgia, sostenuto da Sinistra Italiana, PSI, +Europa, Movimento 5 stelle e Italia Viva: si, avete letto bene, a Bari Renzi e Conte sostengono lo stesso candidato!  

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La città è reduce dall’ultima performance di Michele Emiliano, i cui 20 anni di potere politico pressocchè indiscusso possono indurre a  sentirsi capaci di poter fare ma anche dire di tutto,  compreso ciò che può essere facilmente strumentalizzabile. Plausibile dunque che dalla sua bocca, quel fatale 23 marzo accanto al sindaco Decaro, sia uscito esattamente ciò che aveva detto alla sorella del boss Capriati 18 anni prima: “ti affido questo mio giovane assessore”.

Giovedì 5 aprile Conte arriva a Bari, fa un comizio di venti minuti come se fosse in una qualsiasi piazza d’Italia, poi parla 5 minuti di Bari, elogiando i 20 anni di amministrazioni di centrosinistra, ma dichiarando che, dopo gli ultimi arresti del giorno prima (rivenienti da indagini ampiamente conosciute e dunque alquanto previsti) “ non ci sono più le condizioni per svolgere le primarie a Bari”, di fatto annullandole tre giorni prima. E’ il comizio che sancisce la fine del campo largo, Renzi spara su Conte e forse non sa nemmeno che a Bari i suoi fedelissimi appoggiano lo stesso candidato dei grillini, il PD si scaglia contro il traditore Conte, Bonelli e Fratoianni si ritrovano separati in casa. E in piazza restano migliaia di cittadini che si sentono abbandonati, come gli invitati a un matrimonio in cui uno degli sposi rinuncia sull’altare. 

Gli ultimi arresti riguardano la famiglia Pisicchio, nelle persone dei due fratelli minori, Alfonso ed Enzo, anche se Pino, il fratello maggiore con una lunga e variegata carriera di parlamentare (con vari cambi casacca) giura sull’innocenza dei fratelli. Conte ritira i suoi consiglieri regionali dalla giunta di Emiliano, ma sembra dimenticare tutta una serie di piccoli scandali che hanno riguardato pezzi importanti dell’amministrazione regionale negli ultimi tre anni, anni in cui persino Antonella Laricchia (già candidata alla carica di presidente della Regione per i 5 Stelle e oggi consigliere regionale) aveva rifiutato di entrare nella giunta Emiliano, rimanendo sempre all’opposizione.

Valga per tutti il caso di Mario Lerario, l’ex dirigente regionale della Protezione civile arrestato il 23 dicembre 2021, condannato a cinque anni e quattro mesi di reclusione nel 2023 per aver intascato tangenti da  imprenditori per l’appalto dell’Ospedale dedicato al Covid.  Particolare curioso, sia Lerario che Pisicchio, come altri politici non citati in questo pezzo, ma pure implicati in altre indagini, sono difesi proprio dall’Avv. Michele Laforgia, ovvero il candidato dell’Avv. Giuseppe Conte.  Al quale Conte poco interessa il futuro della città di Bari, ma probabilmente sfrutta la candidatura Laforgia (finchè dura) per giustificare il suo affrancarsi dal campo largo, nel tentativo di superare il PD alle prossime elezioni Europee.

E la primavera? Quella della  politica vicina alla gente, pulita e lontana dal voto sporco? Come cantava  nel 1991 Franco Battiato nella bellissima “Povera patria”,  “la primavera tarda ad arrivare”. E lo dimostrano le ulteriori allarmanti indagini da Torino a Palermo, la città della ormai lontana “primavera di Leoluca Orlando”  della seconda metà dei lontanissimi anni ottanta. 

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